domenica 8 settembre 2013

Antologie: "La giovane poesia" di Enrico Falqui

"La giovane poesia" è il titolo di un'importante antologia poetica curata dal critico letterario Enrico Falqui, che fu pubblicata dalla Casa Editrice Carlo Colombo in Roma nel 1956. Una seconda edizione aumentata uscì l'anno seguente, presso il medesimo editore della prima. Il volume si sostanzia in un saggio sulla giovane poesia del secondo dopoguerra, seguito da una selezione molto ricca di poeti che allora avevano tra i venti ed i trent'anni circa, e di alcune loro poesie, in genere tratte da libri di versi pubblicati tra il 1945 ed il 1955. Si può ben dire che siano qui rappresentati tutti, o quasi, i poeti di allora (in età giovanile) più importanti e più bravi. Anche i gruppi e le correnti letterarie sono riprodotti totalmente: troviamo infatti poeti postermetici, neorealisti, della "Quarta generazione", cattolici e perfino qualcuno di coloro che di lì a pochi anni si sarebbero definiti "Novissimi". Rimangono purtroppo esclusi alcuni scrittori che, pur essendo ancora giovani, non rientravano nel limite massimo d'età che Falqui stabilì ai trent'anni. Non parlo di poeti ermetici come Mario Luzi o come Alessandro Parronchi, nè di altri validissimi come Giorgio Caproni e Attilio Bertolucci, questi infatti già erano stati ampiamente selezionati e consacrati da altre antologie fondamentali; bensì mi riferisco a poeti come Umberto Bellintani e Vittorio Bodini i quali pubblicarono le loro prime opere in versi in età già matura. A parte quest'ultima riflessione, ritengo che l'antologia di Falqui sia di gran lunga la migliore tra quelle uscite negli anni immediatamente successivi alla fine della seconda guerra mondiale e che delinei una panoramica della poesia italiana allora emergente, cercando d'inserire il maggior numero di voci. È dunque, per chi sia interessato alla poesia italiana di questo periodo piuttosto circoscritto, un manuale prezioso. Per chiudere ecco l'elenco dei poeti presenti nella seconda edizione di "La giovane poesia" con, tra parentesi, le pagine in cui si trovano i loro versi.







Luigi Compagnone (119-121)
Nicola Ghiglione (122-123)
Emilio Villa (124-132)
Giulio Alessi (133-136)
Giuseppe Avarna (137-138)
Giorgio Bassani (139-140)
Gherardo Del Colle (141-143)
Marcello Landi (144-145)
Romeo Lucchese (146-152)
Raimondo Manelli (153-157)
Francesco Masala (158-160)
Albino Pierro (161-166)
Romano Romani (167-169)
Mariano Suali (170)
David Maria Turoldo (171-175)
Rina Virgillito (176)
Orlando Pier Capponi (177-179)
Franco Fortini (180-186)
Costantino Ruggeri (187-189)
Lamberto Santilli (190-194)
Giulio Stolfi (195)
Franco Matacotta (196-202)
Stefano Terra (203-205)
Enzio Cetrangolo (206-211)
Stefano d'Arrigo (212-221)
Roberto Morsucci (222-226)
Tosco Nonini (227-230)
Vittore Fiore (231-236)
Giuliano Gramigna (237-240)
Renzo Modesti (241-245)
Michele Pardo (246-248)
Giorgio Piovano (249-254)
Nelo Risi (255-259)
Angelo Romanò (260-262)
Mario Socrate (263-266)
Giacinto Spagnoletti (267-270)
Ernesto Treccani (271-272)
Marco Visconti (273-275)
Elena Bono (276-277)
Mario Cerroni (278-279)
Leila Corbetta (280-283)
Raoul Diddi (284-290)
Gaio Fratini (291-292)
Margherita Guidacci (293-299)
Biagia Marniti (300-302)
Dino Menichini (303-306)
Bruno Nardini (307-310)
Giorgio Orelli (311-313)
Domenico Porzio (314-319)
Sandro Sinigaglia (320-322)
Giuseppe Zagarrìo (323-325)
Andrea Zanzotto (326-332)
Paolo Wenzel (333-334)
Bartolo Cattafi (335-339)
Luciano Erba (340-341)
Mario Farinella (342-343)
Alberto Frattini (344-345)
Gian Domenico Giagni (346-347)
Carmelo Mele (348-350)
Geri Morra (351-354)
Gilda Musa (355-357)
Pier Paolo Pasolini (358-375)
Saverio Vòllaro (376-378)
Elio Filippo Accrocca (379-385)
Liliana Angeli (386-389)
Giancarlo Artoni (390-391)
Gino Baglìo (392-394)
Tito Balestra (395-397)
Gino Gerola (398-400)
Tommaso Giglio (401-409)
Adriano Guerrini (410-412)
Giuseppe Guglielmi (413-415)
Enzo Nasso (416-418)
Alessandro Peregalli (419-422)
Roberto Roversi (423-428)
Alberico Sala (429-431)
Rocco Scotellaro (432-435)
Giuseppe Selvaggi (436)
Giorgio Soavi (437-438)
Libero Torraca (439-440)
Casimiro Bettelli (441-442)
Luciano Budigna (443-448)
Domenico Cadoresi (449-451)
Franco Costabile (452-455)
Danilo Dolci (456-459)
Enzo Fabiani (460-461)
Nando Giolli (462-469)
Giovanni Giudici (470-474)
Alfredo Giuliani (475-477)
Francesco Leonetti (478-482)
Luciano Luisi (483-488)
Enzo Mazza (489-491)
Mario Ramous (492-495)
Brunello Rondi (496-501)
Alberto Vighi (502-505)
Paolo Volponi (506-511)
Fabio Carpi (512-513)
Giovanni Cristini (514-516)
Luciana Frezza (517-520)
Maria Luisa Spaziani (521-522)
Cesare Vivaldi (523-525)
Giannina Angioletti (526-527)
Gian Piero Bona (528-531)
Perla Cacciaguerra (532-533)
Salvatore Cossù (534-537)
Renzo Giacheri (538-541)
Giancarlo Marmori (542-544)
Nella Nobili (545-547)
Uberto Paolo Quintavalle (548-550)
Giovanni Arpino (551-553)
Pier Luigi Bacchini (554-556)
Guido Ceronetti (557-562)
Paolo De Benedetti (563-565)
Emilio Jona (566-570)
Elio Pagliarani (571-572)
Alfredo Rizzardi (573-574)
Emilio Tadini (575-581)
Emilio Tumminelli (582-586)
Gian Carlo Conti (587-589)
Inisero Cremaschi (590-592)
Pietro Cimatti (593-599)
Nino Crimi (600-601)
Michele Parrella (602-607)
Alberto Arbasino (608-613)
Giorgio Cusatelli (614-616)
Carlo Della Corte (617-619)
Mario Diacono (620-623)
Luigi Di Ruscio (624-629)
Edoardo Sanguineti (630-633)
Alda Merini (634-638)
Giammario Sgattoni (639)
Giuseppe Tedeschi (640-641)
Giuseppe Rosato (642-643)
Sergio Salvi (644-647)
Sergio Pautasso (648-649)
Paolo Venchieredo (650-651)
Alberto Bevilacqua (652-654)
Raffaele Crovi (655-657)
Massimo Ferretti (658-659)
Marco Gaggiati (660-663).

domenica 1 settembre 2013

Settembre in 10 poesie di 10 poeti italiani del XX secolo

Come sono belle queste tue prime giornate, Settembre! Mi sono tornate alla mente tante altre giornate, trascorse da anni e anni ormai, fatte di albe entusiasmanti, di mattini laboriosi, di pomeriggi lenti e di sere stupende. Ricordo gli anni in cui durante il tuo tempo era facile che aiutassi mio nonno a fare dei lavori nel suo orto, ed erano lavori facili e piacevoli; ricordo la sottile tristezza che subentrava nel mio animo quando, nei tuoi primi dì, pensavo all'imminente riapertura delle scuole. Ricordo le giornate ventose e serene che mi donavi, trascorse sulla spiaggia di Senigallia, e i bagni divertenti, con le onde altissime e l'acqua già fredda. Che bel mese è Settembre.
Ricordo pure che in un giorno di metà Settembre mia nonna se ne andò, sperando ancora in una giornata di pioggia che finalmente potesse rinfrescare l'aria. La sua attesa fu vana. A pensarci bene fu fortunata, perché Settembre è il mese migliore per morire.
Già alla fine di agosto si sono susseguiti dei temporali che hanno abbeverato la terra riarsa, le giornate sono più corte e le notti più fresche; l'estate sta per finire, ma sta anche offrendo il meglio di sé, grazie ad un clima ottimo. Cammino lungo una strada deserta, e sento tutto il tuo splendore, mese caro che mi sei sempre stato amico.
Sono tornato a casa ed ho portato con me i tuoi meravigliosi frutti, Settembre: uva, fichi, pere e pesche. Presto assaporerò la loro dolcezza, e di nuovo mi torneranno in mente quei tanti giorni del passato in cui tu trascorrevi placido e spensierato, mese che mi hai dato tanto e che amo alla follia. Grazie Settembre, di esistere.


I PASTORI
di Gabriele D'Annunzio (1863-1938)

Settembre, andiamo. E' tempo di migrare.
Ora in terra d'Abruzzi i miei pastori
lascian gli stazzi e vanno verso il mare:
scendono all'Adriatico selvaggio
che verde è come i pascoli dei monti.

Han bevuto profondamente ai fonti
alpestri, che sapor d'acqua natía
rimanga ne' cuori esuli a conforto,
che lungo illuda la lor sete in via.
Rinnovato hanno verga d'avellano.

E vanno pel tratturo antico al piano,
quasi per un erbal fiume silente,
su le vestigia degli antichi padri.
O voce di colui che primamente
conosce il tremolar della marina!

Ora lungh'esso il litoral cammina
la greggia. Senza mutamento è l'aria.
il sole imbionda sì la viva lana
che quasi dalla sabbia non divaria.
Isciacquío, calpestío, dolci romori.

Ah perché non son io cò miei pastori?

(Da "Alcyone", Treves, Milano 1904)





SONETTO DI SETTEMBRE
di Carlo Vallini (1885-1920)

O Settembre, nel bel parco silente 
ove assorto al mio sogno un dí vagai, 
fa’ ch’io rivegga ancora dai rosai 
fiorir le rose, prodigiosamente. 

Ch’io rioda tra i boschi dolcemente 
gemer le mie fontane dolci lai 
e le gelide statue che mai 
mutano gesto, interrogarmi intente. 

Irrompa tra i cipressi, per le aperte 
finestre, nel castello, la sovrana 
fiamma sanguigna del gran sol che muore 

e dilaghi via via per le deserte 
plaghe, una voce triste che lontana
mi sembri e pianga invece nel mio cuore.

(Da "La rinunzia", Streglio, Torino 1907)





SETTEMBRE
di Luigi Pirandello (1867-1936)

Le speranze se ne vanno
come rondini a fin d ’anno:
torneranno?
Nel mio cor vedovi e fidi
stanno ancora appesi i nidi
che di gridi
già sonaron brevi e gaj:
vaghe rondini, se mai
con i raj
del mio Sole tornerete,
le casucce vostre liete
troverete.

(Da «Nuova Antologia», agosto 1910)





SETTEMBRE
di Nicola Moscardelli (1894-1943)

settembre, incanto di convalescente
che giocando con nulla si contenta,
uva d'ambra che imbiondisce lentamente
sotto i soffi del tramonto
veleggiante alto sui monti,
seta tiepida innocente
delle foglie saltellanti
verso qualche ignoto mare
come farfalle gracili rinate
col vestitino d'estate sbiadito,
verde brina di stelle trasparenti
sul giallore della terra illanguidita,
un canto alla lontana che si sente e non si sente
come quando uno sogna e si lamenta
con la sua bocca spenta.

(Da "Gioielleria notturna", Studio Editoriale Lombardo, Milano 1918)





SETTEMBRE NAPOLETANO
di Francesco Gaeta (1879-1927)

Frondente carro da le purpuree
issate lune, quali i cocomeri
spaccati in giocondi emispèri,
con codazzo di popol pe' i trivi!

Errante grido di fruttivendoli,
che canti i fichi l'uva le pèrsiche
e i colli assolati di tufo
ove asciugano i panni ne 'l vento!

Mattine azzurre, quando su l'organo
coro di donne lauda la Vergine
e i vetri de 'l vecchio convento
si colorano, freschi, di cielo!

Le dita belle dunque d'un angelo
toccar le corde de 'l nostro spirito?
A i cieli ei si fugge si fugge,
come l'ultimo sole pe' i monti.

(Da "Poesie d'amore", Laterza, Bari 1920)





LA LUNA NUOVA DI SETTEMBRE SU LA BUIA
di Sandro Penna (1906-1977)

La luna di settembre su la buia
valle addormentata ai contadini il canto.

Una cadenza insiste: come lento
respiro di animale, nel silenzio,
salpa la valle se la luna sale.

Altro respira qui, dolce animale
anch’egli silenzioso. Ma un tumulto
di vita in me ripete antica vita.

Più vivo di così non sarò mai.

(Da «Frontespizio», novembre 1939)





SETTEMBRE
di Vittorio Sereni (1913-1983)

Già l'òlea fragrante nei giardini
d'amarezza ci punge: il lago un poco
si ritira da noi, scopre una spiaggia
d'aride cose,
di remi infranti, di reti strappate.
E il vento che illumina le vigne
già volge ai giorni fermi queste plaghe
da una dubbiosa brulicante estate.

Nella morte già certa
cammineremo con più coraggio,
andremo a lento guado coi cani
nell'onda che rotola minuta.

(Da "Frontiera", Edizioni di «Corrente», Milano 1941)





SETTEMBRE
di Raffaele Carrieri (1905-1984)

Sapore d'avana
ha settembre
e spessore
di fustagno.
Il fieno odora
di donna
e il cielo
di guanti nuovi.

(Da "Lamento del gabelliere", Mondadori, Milano 1946)





PIOGGIA DI SETTEMBRE
di Leonardo Sciascia (1921-1989)

Le gru rigano lente il cielo,
più avido è il grido dei corvi;
e il primo tuono rotola improvviso
tra gli scogli lividi delle nuvole,
spaurisce tra gli alberi il vento.
La pioggia avanza come nebbia,
urlante incalza il volo dei passeri.
Ora scroscia sulla vigna, tra gli ulivi;
per la rabbia dei lampi preghiere
cercano le vecchie contadine.

Ma ecco un umido sguardo azzurro
aprirsi nel chiuso volto del cielo;
lentamente si allarga fino a trovare
la strabica pupilla del sole.
Una luce radente fa nitido
il solco dell'aratro, le siepi s'ingemmano;
tra le foglie sempre più rade
splende il grappolo niveo dei pistacchi.

(Da "La Sicilia, il suo cuore", G. Bardi, Roma 1952)





SETTEMBRE A SISTIANA
di Alfonso Gatto (1909-1976)

L'autunno è già venuto
una tomba di ghiaia,
scoscende nell'imbuto
di porfido la baia.

Il liquore silente
dell'acqua pesca un chiaro,
è tutto forse è niente
il bene che ci è caro,

il presagio che porta
nell'aria il suo sfacelo,
una stagione morta
alla fonda del cielo.

(Da "La forza degli occhi", Mondadori, Milano 1954)